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I Freevoices aprono èStoria tra gli applausi

Un grande successo di pubblico ha accompagnato, lo scorso giovedì 25 maggio, il concerto di apertura della XIX edizione del festival èStoria svoltosi al Teatro Giuseppe Verdi di Gorizia. Merito indubbiamente dell’evento che segnava l’inizio della kermesse goriziana ma merito, anche, della singolare attenzione e attesa per il nuovo spettacolo del Freevoices Show Choir tutto ispirato al tema della manifestazione, “Donne” e, che, per l’appunto, portava il titolo di Siamo così ... percorsi di riflessione sul femminile. E così è stato, perché, grazie alle scelte musicali di Manuela Marussi e ai testi, scritti, scelti e interpretati da Paola Aiello (Kepler 452), il pubblico ha potuto assistere a una quasi anticipazione dei tanti temi che si sarebbero discussi e snodati nelle giornate del festival. Il concerto si è aperto con i saluti istituzionali del sindaco Rodolfo Ziberna e del padrone di casa Adriano Ossola. Un saluto non convenzionale, quello del sindaco, che ha voluto insistere sul raccordo tra èStoria e Gorizia capitale della cultura europea di cui, certamente, il festival è uno dei punti di maggior lustro. Anche Adriano Ossola ha augurato buon festival a tutti ed ha presentato lo spettacolo “garbato e scintillante” dando il via alla serata. Concerto che si è aperto con la sola compagine femminile dei Freevoices a proporre uno sguardo sulla quotidianità femminile (Sono una donna di merda/Hard work/Quello che le donne non dicono di Ruggeri) che poi si apriva alla sofferenza gridata, sui versi di De André, delle madri in guerra (Vietnam/Il sogno di Maria) per concludersi con il tema del possesso e della violenza (La Maumariee – canto tradizionale francese delle Mal-maritate e You don’t Own me da Il club delle prime mogli). Un intermezzo musicale sui versi di Dorothy Livesay (Gli uomini preferiscono un’isola, ma io sono un continente) magistralmente interpretato dal violino di Laura Grandi sul tema di Morricone (Nuovo Cinema Paradiso) ha aperto, quindi, la seconda parte, tutta giocata tra denuncia (Ave Maria De André), ironia (Donne – Zucchero) e disincanto (Torgensen – Mi sono sposato). Qui la compagine dei Freevoices – accompagnata da Gianni Del Zotto al pianoforte, Francesco Pandolfo alle percussioni e Riccardo Pitacco al basso - si è presentata unita anche alla parte maschile per regalare al pubblico una serie di brani del proprio repertorio che hanno raccolto consensi via, via sempre più crescenti per concludersi con quell’inno alla libertà che è il Think di Aretha Franklin introdotto dai versi ,davvero inconsueti, di Bukovsky (Per la vecchia denti-storti). Consensi prolungati e tre bis hanno concluso il concerto e dato il via alla kermesse nel modo più augurale.









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